#StoriediVitaperDEA – “A scuola con Cecile” a cura di Giovanna Fasciani
Intervista a Cecile, una donna dell’Africa Occidentale.
Avendo una formazione antropologica e avendo lavorato in Africa con le donne mi sono interrogata sulla condizione femminile in un Paese dell’Africa occidentale. La mia idea era quella di comprendere la visione che le donne hanno di sé stesse in un contesto culturale diverso da quello italiano. Mi è venuta in mente Cecile, una donna che lavora nella gestione di progetti di sviluppo di salvaguardia dell’ambiente e che vive in un Paese in piena desertificazione. Le donne nella famiglia di Cecile sono piuttosto attive: avevo incontrato sua madre in Italia diversi anni fa. Lei era nel comitato di gestione di un’associazione femminile che produceva cosmetici con il burro di karitè.
Il colloquio con Cecile è stato telefonico e per questo piuttosto difficoltoso a causa della scarsa connessione.
Cecile, la protagonista della nostra storia, ha una laurea in scienze economiche, indirizzo macroeconomico e di gestione dello sviluppo, nonché di matematica applicata. È una docente di matematica e di economia al Liceo ed è madre di due bambine. Opera anche in un’associazione che si occupa di formazione e di sviluppo sostenibile. Quando l’ho contattata per chiederle cosa ne pensasse della condizione femminile ha accettato subito di parlarmi perché è argomento spesso discusso con le altre donne del suo gruppo. In Africa le donne (e gli uomini) sono organizzati in gruppi o in associazioni e si confrontano spesso su tematiche di loro interesse.
Il cammino da fare in questo paese per l’eguaglianza di genere è ancora lungo per due motivi: da una parte per rendere coscienti le donne del loro potenziale e, dall’altra, per educare gli uomini ad apprezzare e rispettare le donne. Parlando Cecile mi ha offerto una visione della donna “prigioniera” del potere maschile. Gli uomini non vogliono che la donna si realizzi nel lavoro (soprattutto nei ceti più elevati), mi ha parlato di maltrattamenti, soprattutto di violenza psicologica più che fisica. L’uomo tende a isolare la moglie e a non considerarla non rivolgendole la parola o non mangiando con lei. Questo aspetto ricorre frequentemente nei colloqui con le donne africane dove il valore della donna è sancito in relazione all’uomo.
Cecile mi ha parlato dell’esistenza di associazioni femminili che si occupano della violenza sulle donne, ma sono solo associazioni formali perché non aiutano realmente le donne vittime di maltrattamenti a trovare un altro lavoro che le permetta di affrancarsi e diventare autonoma, perché anche le associate temono a loro volta di diventare vittime dell’uomo denunciato. Cecile allora ha individuato come unica possibile soluzione al problema il percorso della formazione. Si è soffermata esclusivamente sulla sensibilizzazione degli uomini a partire dagli adolescenti. Auspica la creazione di un’associazione che operi già nelle scuole per lottare contro la diseguaglianza di genere. La sua proposta è quella di creare dei libri scolastici per educare al rispetto delle donne per far conoscere le potenzialità femminili. Per realizzare questo progetto culturale ed educativo sarebbe utile e necessario coinvolgere i Ministeri della Donna e della Pubblica Istruzione per renderlo operativo. Sensibilizzare le masse mettendo il rispetto e la conoscenza della donna come materia scolastica.
La difficoltà ora è rendere questa idea operativa…